SARDINIA URBEX NELLA SECONDA CARTIERA IN EUROPA
La storia di Tortolì è strettamente legata a quella della cartiera di Arbatax, la più grande fabbrica dell’Ogliastra e nel suo genere la seconda in Europa.
Siamo negli anni ’60, gli anni del boom economico in Italia e precisamente nel 1963 quando nacque la cartiera di Arbatax: si sviluppava su 120 ettari di terreno, alimentato da una gigantesca centrale termoelettrica ed era una tra le strutture più moderne e all’avanguardia del periodo.
Con le sue macchine continue denominate Arborea e Bonaria (quest’ultima attivata nel 1970), si stampavano circa 400 tonnellate giornaliere di carta da giornale, per poi specializzarsi in altri settori come carta da settimanale, guide telefoniche.
In quegli anni gli operai erano circa 730 con un indotto che occupava altrettanti lavoratori, per non parlare dei portuali, camionisti ed officine di manutenzione che vivevano grazie alla cartiera.
Negli anni ‘70 gli stipendi erano addirittura superiori anche a quelli dei dipendenti statali, lavorare come cartario era un privilegio e l’economia della zona subì un notevole incremento economico: arrivarono le prime 500 e 126 e gli operai dei paesi limitrofi si spostarono a Tortolì, contribuendo così a farla diventare una città vera e propria.
Con l’avvento della cartiera nacque anche l’aeroporto di Tortolì-Arbatax che arrivava anche ad effettuare due voli al giorno ma non solo: la cartiera aveva le sue navi, la Latinia e l’Arbatax, con cui venivano trasportati i prodotti finiti che si esportavano in tutto il bacino del mediterraneo.
Prima della cartiera l’economia era unicamente agropastorale e basata sulla pesca ma con questa nuova realtà il porto di Arbatax che prima accoglieva solo pescherecci conosce il traffico delle navi mercantili con le grandi petroliere che una o due volte l’anno portavano il greggio che alimentava la centrale elettrica.
Negli anni ’70 la cartiera supera quasi indenne il terremoto politico causato dall’acquisizione da parte della Fabocart di Giovanni Fabbri, personaggio milanese legato da stretti rapporti con la P2 di Licio Gelli.
Arrivò poi l’autogestione, bancarotte ed avvicendamenti amministrativi vari, tra cui gli estremi tentativi di salvataggio da parte dell’imprenditore cagliaritano Nichi Grauso. L’ultima gestione fu quella della Girasole SPA, la cui scritta campeggia ancora in bella mostra in uno degli edifici.
L’epilogo è quello che ci si aspetta in questi casi: lo smembramento della cartiera con la demolizione dei suoi edifici e le due macchine continue che vengono smontate e date in pasto alle fonderie.
Dei 120 ettari iniziali oggi ne restano solo 35.
NOTA:
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