SARDINIA URBEX IN UN’AZIENDA ABBANDONATA
Come tante storie raccontate in questo sito, anche questa parte da molto lontano: precisamente dal 21 luglio del 1891, giorno in cui Augusto Perussia fonda a Milano la Cooperativa Agricola Italiana. Lo scopo della cooperativa era colonizzare, coltivare e rifertilizzare le terre italiane lasciate incolte e fornire previdenza e assistenza alla classe contadina.
Qualche anno dopo, il 6 ottobre 1897 la cooperativa acquista da Marie Lipke, moglie di un ministro della guerra tedesco una tenuta di 384 ettari per la cifra di 100.000 lire ed è così che a Surigheddu, località all’uscita fra Olmedo ed Alghero nasce la prima borgata autonoma del mezzogiorno.
Nel 1899 si contavano già tre strade di attraversamento e 200 ettari dissodati, ripartiti in appezzamenti da 10 ettari a rotazione quinquennale di frumento, orzo, avena, granoturco e fave. Era presente anche un gelseto di 500 piante ed un edifico di 1500 mq, oltre a chilometri di muri a secco, opera dei mastri murari di Putifigari. Mentre l’azienda veniva battezzata la Milanello Sardo, 600 pecore e 150 capi vaccini assicuravano la produzione del “Formaggio Surigheddu”, già esportato in Belgio ed in Africa.
Siamo nel 1915 quando Augusto Perussia muore per i postumi della malaria contratta in Sardegna e l’organizzazione della cooperativa ha un cambiamento: sotto la direzione di Luigi Fornaroli arrivano i contratti di mezzadria ed i soci diventano dipendenti. Nel secondo dopoguerra l’azienda arrivò ad avere anche 600 persone impegnate tra i campi e l’allevamento di bovini e di ovini e divenne un modello di eccellenza nelle produzioni del settore primario.
Nel 1948 si ha un cambio di proprietà e l’azienda viene acquistata dall’industriale milanese Piero Saronio e con lui Surigheddu ricevette un’impronta più dedicata all’attività zootecnica sotto la direzione di Mario Patta; questo permise all’azienda di ottenere diversi riconoscimenti: nel 1956 vinse il premio nazionale per la Produttività, nel 1958 il premio regionale per la Migliore sistemazione idraulica e la Spiga d’Oro per la produttività di grano duro e grano da seme.
Oltre a migliorie sui terreni e fabbricati si provvide a realizzare tra il 1968 e il 1970 un lago collinare della capacità di tre milioni di metri cubi di acqua. Una rivoluzione per la gestione aziendale, visto che la disponibilità abbondante di acqua riduceva quasi del tutto i danni derivanti dalle fasi di siccità molto frequenti in Sardegna e consentiva colture foraggere così importanti per l’allevamento bovino. Un periodo felice per l’azienda che gestiva un allevamento di ben 320 capi di bestiame e, attraverso nuove acquisizioni, disponeva di una tenuta di 904 ettari.
Periodo felice che purtroppo non durò molto: nel dicembre 1968 muore Piero Saronio e nell’aprile del 1975 suo figlio Carlo viene rapito e ucciso da un gruppo terrorista legato alle Brigate Rosse. Questo gravissimo fatto determina nella famiglia Saronio un progressivo disinteresse verso Surigheddu, per quanto la criminalità sarda fosse del tutto estranea al sequestro.
L’azienda venne messa in vendita e acquistata da un nobile siciliano, il principe Fugaldi, che la unì alla vicina tenuta di Mamuntanas, raggiungendo un totale di 1.321 ettari ma per le due aziende inizia il tristissimo avvio verso il definitivo collasso, accelerato anche dal personaggio Fugaldi, a dir poco equivoco, che si concluse ben presto con il totale abbandono dell’attività produttiva e con gli inevitabili procedimenti giudiziari.
A partire dal 1982 i terreni aziendali erano preda di chiunque volesse pascolare il proprio bestiame, finchè nel 1986 l’assessore all’Agricoltura dell’epoca, Gesuino Muledda, l’acquisì al Monte Pascoli e da quella data i circa 1.400 ettari di Surigheddu e Mamuntanas, diventarono patrimonio pubblico della Regione.
Nonostante le tante proposte di sviluppo, recupero o trasformazione dell’area, nulla viene mai realizzato e ciò che un tempo era fiore all’occhiello dell’agricoltura rimbalza al centro dell’attenzione pubblica solo a causa degli innumerevoli problemi, problemi che negli anni hanno coinvolto anche diverse categorie di lavoratori, compresi i pastori ed allevatori che, per diverso tempo hanno sfruttato quelle terre abbandonate.
Sequestri e dissequestri si alternano a promesse non mantenute e Surigheddu, nonostante i suoi ettari altamente fertili, risulta incolto ed in stato di abbandono.
NOTA:
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